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La controversia in materia di lavoro è il contrasto che nasce tra un lavoratore e un datore di lavoro in merito ad alcuni aspetti del loro rapporto. Le liti nascono quando si presumono lesi diritti o aspettative, previsti dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva, e possono riguardare aspetti sia economici sia normativi.

Fra le controversie ricorrenti in questo settore e che lo studio gestisce, rientrano quelle avente ad oggetto il licenziamento.

Il codice civile distingue, in materia di licenziamento individuale, tra il licenziamento con preavviso e il licenziamento in tronco, ossia quello per giusta causa.

Il licenziamento ad nutum è disciplinato all’art. 2118 c.c., che regola anche il recesso del lavoratore (cioè le dimissioni). L’unico obbligo è il preavviso, la cui durata è normalmente stabilita dai contratti collettivi, sulla base della anzianità di servizio e della qualifica del lavoratore. In caso di violazione dell’obbligo di preavviso «il recedente è tenuto verso l’altra parte ad un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso». Tale disciplina si applica in particolare a dirigenti, lavoratori in prova, lavoratori domestici, atleti professionisti, lavoratori a domicilio e lavoratori ultrasessantenni con diritto alla pensione.

In tutte le altre ipotesi si applica la regola generale della giustificazione necessaria del licenziamento (introdotta con la l. n. 604/1966), nel senso che questo può essere intimato solo per giusta causa o per giustificato motivo. Il licenziamento per giusta causa trova la sua disciplina nell’art. 2119 c.c. secondo il quale la giusta causa è quella che “non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.

Nella nozione di giusta causa rientrano anche situazioni non qualificabili come inadempimento ma che sono sufficienti a pregiudicare l’attitudine professionale del lavoratore allo svolgimento delle sue mansioni.

Lo studio si occupa anche di casi di mobbing che si verificano quando il datore di lavoro ovvero i colleghi (mobbing orizzontale) pongono in essere, nei confronti del lavoratore, una serie di atti con l’unico scopo di perseguitare un lavoratore per emarginarlo e spingerlo a presentare le dimissioni. Si deve trattare di una condotta – considerata nel suo complesso – lesiva della dignità professionale e umana del lavoratore, dignità da intendersi sotto l’aspetto morale, psicologico, fisico o sessuale.

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Nello specifico, lo studio è molto attento a comprendere la fondatezza o meno delle pretese del lavoratore onde evitare di intraprendere lunghi e costosi procedimenti giudiziari, per entrambe le parti coinvolte nella fattispecie.

Invero molto spesso i clienti vengono fuorviati dalla enorme mole di informazioni reperibili su internet e spesso subiscono veri e propri plagi sulla realtà della propria situazione finendo per convincersi di aver subito vessazione quando in realtà quei comportamenti rientravano semplicemente nella politica aziendale del datore di lavoro.

La fattispecie di mobbing, ad esempio, è una di quelle controversie di lavoro dai contorni più incerti e di difficile interpretazione proprio perché verte su dinamiche psicologiche e comportamentali che fuggono da qualsiasi tipo di inquadramento dogmatico ma vanno valutate caso per caso, con l’ausilio di esperti in materia e confrontandosi sia con il datore di lavoro che con i colleghi.

CONTROVERSIE DI LAVORO

 

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